Fossili che riscrivono la storia - Il Mese Antropologico

Introduzione
Come spesso accade in paleontologia, il ritrovamento di pochi frammenti ossei - o di qualche strumento - fa spostare le lancette dell’evoluzione indietro nel tempo. E’ il caso di due scoperte, pubblicate nel mese di Ottobre - il primo della nostra rubrica “Il Mese Antropologico” - che rivalutano la datazione di due diversi momenti della storia umana: la comparsa del bipedismo (ne ho parlato qui) e l’occupazione dell’Egeo.

Tutto cominciò 10 milioni di anni fa
Rinvenuto vicino ad una vecchia miniera in Bulgaria, un frammento di pelvi appartenente al Rudapithecus, un antichissimo ominide di 10 milioni di anni fa, sta forse riscrivendo alcuni aspetti dell’evoluzione umana [1].

La pelvi è una delle ossa più difficili da trovare in buone condizioni e anche una delle più importanti per determinare il tipo di locomozione (che, per farla spiccia, nel caso dell’uomo e dei suoi antenati/parenti si riduce alla domanda: “cammina solo su due zampe - e quindi ha andatura bipede - o si muove sugli alberi - con un meccanismo detto brachiazione -  o sa fare entrambe le cose?”). La scoperta di un frammento così ben conservato e vecchio di 10 milioni di anni (sic!) è quantomeno strabiliante, soprattutto se consideriamo che il Rudapithecus viveva nelle foreste dell’Europa di fine Miocene, e nelle foreste si conservano ben poche ossa.
Il Rudapithecus era un ominide molto simile alle attuali scimmie antropomorfe - in inglese si dice “ape-like”, ovvero “simile alle scimmie (antropomorfe)” - che viveva sugli alberi dondolando da un ramo all’altro come fanno ad esempio gli attuali Bonobo. Così simile che, in effetti, precedenti studi hanno notato la parentela proprio tra il Rudapithecus, gli antenati dell’uomo e le moderne scimmie africane; molto interessante se consideriamo che Rudapithecus era europeo.

Ricostruzione del Rudapithecus. Visse in Europa alla fine del Miocene, circa 10 milioni di anni fa. ©John Siddick


I ricercatori hanno scoperto che Rudapithecus aveva una pelvi corta, esattamente il contrario delle attuali scimmie antropomorfe, che hanno invece una pelvi più lunga. Questa caratteristica, unitamente ad una schiena più lunga e flessibile, avrebbe permesso a Rudapithecus di scendere a terra e muoversi su due zampe con una postura relativamente eretta, comparabile agli ominidi bipedi antenati dell’uomo.
Ward, Professore di Patologia e Scienze Anatomiche alla MU School of Medicine e autore principale del lavoro commenta così la scoperta [2]: <<Se gli ominidi si fossero evoluti a partire da una struttura fisica tipo Scimmie antropomorfe, sarebbero stati necessari molti cambiamenti per allungare la schiena e accorciare la pelvi. Al contrario, se gli ominidi fossero discesi da un antenato con una struttura simile a quella di Rudapithecus, tale transizione sarebbe stata più immediata>>. Continua: <<Tale scoperta è significativa, perchè avvalora l’ipotesi supportata da altre evidenze che gli antenati dell’uomo potrebbero non aver avuto la struttura fisica delle moderne Scimmie antropomorfe>> e quindi, aggiungo io, il bipedismo sarebbe in realtà un carattere ancestrale e tipico degli ominidi.

Comparazione tra le ossa pelviche (verde) di Scimpanzé (sinistra),  Australopithecus (centro) e Uomo (destra). ©Wikipedia

I Neanderthal sono andati in Grecia?
Veniamo alla seconda notizia che ho selezionato per Ottobre. Uno scavo condotto sull’isola di Naxos, in Grecia, ha rivelato che Neanderthal e primi Homo sapiens avrebbero abitato l’area già 200.000 anni fa [3], molto prima di quanto si pensasse. La più antica testimonianza di occupazione umana della regione risaliva, infatti, solo a 7.000 anni fa, e per questo motivo per molto tempo si è pensato che le isole dell’Egeo fossero irraggiungibili e inabitabili fino ai tempi storici.

Posizione del sito di Stelida, sull'isola di Naxos (indicata con la stella e il numero 1), e possibili rotte migratorie durante il MIS 8, fra 300 e 250.000 anni fa. Da: Carter et al, 2019. ©Justin Holcomb 


La nuova scoperta sposta quindi indietro nel tempo l’occupazione dell’Egeo di almeno 190.000 anni, quando l’Europa era occupata dai Neanderthal e i primi H. sapiens si aggiravano nel Vicino Oriente (per approfondire vita e storia del Neanderthal vi rimando al mio articolo). <<Mentre i cacciatori-raccoglitori del Paleolitico sono noti per aver occupato l’Europa continentale per almeno 1 milione di anni, si credeva che le isole del Mediterraneo fossero state occupate solo 9.000 anni fa dagli agricoltori, idea che individua negli uomini moderni - Homo sapiens - gli unici con una cultura abbastanza sofisticata per costruire imbarcazioni adatte alla navigazione in mare>> [4].
Secondo gli autori, in alcuni momenti dell’Era Glaciale il livello del mare sarebbe stato abbastanza basso da consentire la formazione di un ponte di terra che avrebbe connesso l’Europa continentale e le isole del Mar Egeo, permettendo quindi l’arrivo delle popolazioni preistoriche nell’area. Per i ricercatori, inoltre, la grande abbondanza di materiali per la costruzione di strumenti e l’acqua fresca avrebbero attirato questi nuovi abitanti.


Ricostruzione degli strumenti prodotti a Stelida, sull'isola di Naxos, dal Paleolitico inferiore (sinistra) fino al Mesolitico (destra). ©Kathryn Killackey


Al contempo, però, <<arrivando nella regione, i Neanderthal avrebbero dovuto fronteggiare un nuovo ambiente, con diversi animali, piante e malattie, il che avrebbe richiesto nuove strategie adattative>> commenta Tristan Carter, professore di Antropologia alla McMaster University e autore principale dello studio [4].
La scoperta, quindi, oltre a dar nuova luce all’evoluzione umana nel Mediterraneo, riaccende il dibattito sull’importanza delle rotte migratorie costiere e dell’occupazione umana delle zone marittime (ne ho parlato qui).


Quando ibridarsi fa bene
Infine, la terza notizia. Una nuova analisi sui genomi dei Melanesiani suggerisce che alcuni elementi genetici ereditati da Neanderthal e Denisova avrebbero costituito un vantaggio evolutivo, permettendo ai Melanesiani, ad esempio, di consumare nuovi cibi ed evitare pericolose malattie [5]. Neanderthal e Denisova si sono estinti 30-40.000 anni fa, e il fatto che si fossero accoppiati con Homo sapiens per diverso tempo, lasciando delle tracce nel nostro DNA, è ormai noto da anni (ne ho parlato qui e qui). Altri studi, inoltre, avevano già dimostrato come alcuni degli elementi ereditati da tali ibridazioni avessero contribuito alla comparsa e alla diffusione di nuovi caratteri.

Filogenesi e possibili eventi di ibridazione tra Uomini moderni (blu), Denisova (giallo) e Neanderthal (verde). Le percentuali indicano la quantità di materiale genetico ereditato. ©Prüfer et al, 2014



Questo nuovo studio si è concentrato, però, non sulle piccole variazioni del DNA, dette SNPs (Single Nucleotide Polymorphisms, ovvero variazioni di un singolo nucleotide, una delle “lettere” che scrivono il nostro codice genetico), ma su variazioni a grande scala, come le CNVs (Copy Number Variants, variazioni di interi blocchi di DNA). Qual è la differenza tra SNPs e CNVs? Mentre le “mutazioni puntiformi” (gli SNPs appunto) modificano una sola lettera del DNA e hanno spesso portato dei benefici - come la capacità di digerire il lattosio contenuto nel latte animale (di cui ho parlato qui) - le CNVs, essendo variazioni su grande scala, hanno solitamente effetti negativi. Molte di queste variazioni sono ad esempio associate ad autismo, schizofrenia, obesità, malattia di Crohn ecc, e per questo sono soggette a selezione.


Alcune di queste variazioni sono però positive, come dimostrato da questo nuovo studio: i Melanesiani, dopo l’ibridazione con Neanderthal e Denisova - avvenuta tra 40.000 e 120.000 anni fa - sono rimasti isolati, mantenendo un’elevata quantità del DNA da loro ereditato, che in parte si è rivelata positiva. I ricercatori, infatti, hanno identificato diversi CNVs collegati a dieta, metabolismo, immunità e funzioni cellulari. <<I nostri risultati suggeriscono che CNVs originatisi nei Neanderthal e nei Denisova ed ereditati dagli uomini moderni hanno avuto un ruolo importante nell’evoluzione e nell’adattamento delle popolazioni umane>> commentano gli autori dello studio [6].
Future ricerche chiariranno maggiormente l'impatto che le ibridazioni hanno avuto nella storia umana.

Alcune delle varianti identificate dallo studio di Hsieh e colleghi. I Melanesiani avrebbero conservato molto più materiale genetico proveniente dall'ibridazione con Neanderthal e Denisova a causa del loro isolamento geografico. ©Hsieh et al, 2019


Riferimenti
[1] Ward C.V., et al (2019). A late Miocene hominin partial pelvis from Hungary. Journal of Human Evolution 
[2] University of Missoury (17 Settembre, 2019). Rare 10-million-year-old fossil unearths new view in human evolution. Phys.org
[3] Carter T., et al (2019). Earliest occupation of the Central Aegean (Naxos), Greece: Implications for hominin and Homo sapiens behavior and dispersals. Science Advances
[4] McMaster University (16 Ottobre, 2019). Scientists find early humans moved through Mediterranean earlier than believed. Phys.org
[5] Hsieh P., et al (2019). Adaptive archaic introgression of copy number variants and the discovery of previously unknown human genes. Science
[6] Dvorsky, George (17 Ottobre 2019). Modern Humans Inherited Even More DNA from Neanderthals and Denisovans than we thought. gizmondo.com

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