Intolleranza al lattosio. Cosa ci dice l'evoluzione?

Se chiedessimo a 10 nostri amici di rispondere alla domanda "tu lo digerisci il latte?", probabilmente tutti o quasi risponderebbero "sì". Sembrerebbe quindi che la maggior parte della persone sia in grado di digerire latte e derivati senza problemi, mentre solo pochi, che si trovano in una condizione 'anomala' o patologica, sono intolleranti al lattosio. E se vi dicessi che non è così e che, invece, la "condizione normale" è proprio l'intolleranza? Lo so, sembra strano, ma il motivo della mia affermazione c'è e si trova nella storia evolutiva recente dell'uomo. Vediamola.

Lattosio e allattamento
Innanzitutto, un breve inquadramento sull'oggetto del nostro articolo: il lattosio. Il lattosio è il principale zucchero del latte ed è costituito da due molecole: un'unità di galattosio e una di glucosio (lo zucchero più diffuso in natura). Il legame fra le due molecole, detto legame (1→4) ß-glicosidico, viene scisso (idrolizzato) dall'enzima lattasi (Lattasi Florizin Idrolasi, LPH) che, letteralmente, "digerisce" il lattosio. L'enzima si trova in alcune cellule dell'intestino tenue, gli enterociti, che costituiscono l'epitelio (ovvero, il rivestimento esterno) dei microvilli intestinali, e compie la sua azione digestiva durante il passaggio degli alimenti attraverso tale organo. In questo modo, chi sta bevendo latte, o mangiando formaggio, yogurt, torte, ecc., può acquisire gli zuccheri che li compongono e ricavarne energia.

L'enzima LPH è fondamentale durante l'allattamento, il periodo neonatale durante il quale ogni cucciolo di Mammifero (gruppo a cui appartiene anche Homo sapiens) viene nutrito solamente con il latte materno. L'allattamento, però, dura solo qualche mese. In tutti i Mammiferi, infatti, con lo svezzamento il piccolo smette di nutrirsi del latte materno e inizia una fase transitoria che lo porta a cibarsi degli alimenti tipici dell'età adulta (sia esso un animale erbivoro, carnivoro o onnivoro). La necessità di digerire il latte, quindi, viene meno, e l'attività enzimatica della lattasi si riduce fino a scomparire. L'assenza della lattasi si traduce poi in uno stato di intolleranza allo zucchero lattosio, che accompagnerà l'individuo per tutta la vita.
Tale condizione, valida per tutti i Mammiferi, accomuna anche il 70% degli individui della nostra specie, che quindi da adulti non sono in grado di digerire latte e derivati. Ma, per fortuna degli amanti di dolci e formaggi, durante la sua evoluzione l'uomo ha sviluppato la cosiddetta tolleranza al lattosio, che oggi permette al 30% della popolazione mondiale¹ di potersi cibare di latte e prodotti caseari senza accusare disturbi. In seguito vedremo come questo è stato possibile.


[1] Caduta dell'attività enzimatica di LPH dopo lo svezzamento (=Weaning): i Mammiferi e il 70% degli uomini mostrano una significativa diminuzione dell'enzima. Alcuni individui, però, sono in grado di mantenere attiva la lattasi.


Intolleranza nell'uomo
Intanto soffermiamoci sull'intolleranza, lo stato che accomuna oltre 2/3 delle persone e che costituisce la condizione "normale" dell'età adulta di ogni Mammifero, uomo compreso.
Ma come si manifesta l'intolleranza? Essenzialmente, si tratta di una non-digestione del lattosio da parte dell'enzima lattasi, che quindi non è in grado di svolgere regolarmente il proprio compito enzimatico. In generale, accade che:
l'aumento della concentrazione di zucchero nell'intestino crasso crea un gradiente osmotico, il quale richiama acqua nell'intestino: questo provoca crampi addominali e diarrea;
- i batteri nell'intestino crasso digeriscono il lattosio, ma la fermentazione batterica porta alla produzione di materiali di scarto come metano, anidride carbonica (CO2) e idrogeno, che causano flatulenza e gonfiore.


[2] Digestione del lattosio in soggetti tolleranti (sinistra) e intolleranti (destra)


Tipologie di intolleranza
Non esiste, però, un unico tipo di intolleranza. Si distinguono, infatti:
MALASSORBIMENTO DEL LATTOSIO: dovuto a sbilanciamento tra la dose ingerita e la capacità fisiologica di digerire il lattosio (diarree osmotiche).
INTOLLERANZA AL LATTOSIO PRIMARIA: si tratta di una riduzione dell'espressione della lattasi durante la crescita, dovuta ad alcune varianti genetiche. Insieme al malassorbimento, è la condizione più diffusa.
- INTOLLERANZA AL LATTOSIO SECONDARIA: come conseguenza di una patologia (gastroenterite, morbo di Crohn, celiachia, colite ulcerativa, sindrome del colon irritabile, radiazioni, deficit immunologici) che determina lesioni all'intestino tenue, con conseguente danno enzimatico. Solitamente l'individuo torna alla condizione normale una volta guarito dalla malattia.
DEFICIENZA CONGENITA DELLA LATTASI, a causa della quale l'enzima lattasi non funziona. Si manifesta appena il neonato viene allattato. Il deficit di elementi nutritivi (causato dalla mancata digestione del latte materno) porta a ritardo nella crescita, disidratazione e altri disturbi come l'alcalosi. Causata da particolari mutazioni genetiche e molto rara; mortale se non diagnosticata in tempo.


La tolleranza al lattosio nelle diverse popolazioni
Abbiamo visto come la condizione di tolleranza accomuni circa il 30% degli individui a livello globale. Tale situazione, però, non è uguale in tutte le aree della Terra: per esempio, in Nord Europa, Arabia Saudita e Africa nord-occidentale, l'80-90% della popolazione è tollerante al lattosio, mentre in Africa meridionale e nel sud-est asiatico solo il 10-20% delle persone non ha problemi a bere latte.

La condizione fisiologica che accomuna i tolleranti al lattosio è detta "persistenza della lattasi" (lactose persistence), a evidenziare come l'enzima lattasi continui a essere prodotto anche in età adulta, consentendo a tali individui di digerire latte e derivati.


[3] Distribuzione della tolleranza al lattosio (in blu scuro le aree dove oltre il 90% della popolazione è tollerante)

Per quale motivo, quindi, in alcune popolazioni la tolleranza al lattosio è così diffusa, mentre in altre risulta essere una condizione 'particolare'? Negli anni sono state avanzate diverse ipotesi a riguardo:

1) Ipotesi storico-culturale: si basa sull'osservazione che la distribuzione geografica degli individui tolleranti rispecchia la diffusione di agricoltura e allevamento avvenuta durante il Neolitico (ne ho parlato qui). Tale osservazione porta a ipotizzare che essere tolleranti al lattosio fosse un evidente vantaggio, selezionato positivamente in quelle popolazioni che avevano iniziato a praticare l'allevamento di alcuni animali ed erano in grado di lavorarne il latte.
2) Causa inversa: essenzialmente basata sulla stessa osservazione precedente, ipotizza però che la pastorizia si sia diffusa proprio in quelle popolazioni che dimostravano già di avere un'elevata percentuale di individui tolleranti.
3) Ipotesi dell'assorbimento del calcio: poiché il lattosio stimola l'assorbimento del calcio (essenziale per la crescita e il mantenimento delle ossa) e poiché tale assorbimento è anche legato alla presenza di vitamina D (a sua volta legata all'irradiazione solare), la tolleranza al lattosio si sarebbe diffusa nelle popolazioni nordiche dove l'irradiazione è minore. In questo modo, l'individuo risultava maggiormente protetto da patologie come rachitismo e osteomalacia².

Basi genetiche della tolleranza al lattosio
Nel 2002, Enattah e colleghi hanno individuato una variante (polimorfismo) nel DNA a monte (ovvero, poco prima) del gene LCT, che permette la produzione dell'enzima lattasi. La variante è risultata essere associata alla tolleranza al lattosio in popolazioni scandinave. La variante è stata chiamata 13910 T.

Negli anni seguenti, altre ricerche hanno individuato ulteriori varianti associate alla tolleranza al lattosio in aree diverse del "vecchio mondo": 14010 C, 13915 G e 13907 G. In particolare:
14010 C è particolarmente frequente in popolazioni di pastori nella regione Nilo-Sahariana, come Masai e Datong;
13915 C avrebbe avuto origine nella penisola arabica e si sarebbe poi diffusa nel Medio Oriente. Molto frequente nelle popolazioni di Beduini di Giordania e Arabia Saudita e nel nord della Tanzania. Sembra associata all'allevamento del cammello;
- 13907 G si rileva nelle popolazioni di Sudan, Kenya ed Etiopia.


[4] Distribuzione della variante 13910 T (sinistra) e delle altre varianti (destra) associate alla tolleranza al lattosio. Il colore rosso indica la maggiore presenza della variante.

La distribuzione di tali varianti coincide con la distribuzione della pastorizia durante il Neolitico, andando a confermare l'ipotesi "storico-culturale".
La tolleranza al lattosio in età adulta sarebbe quindi il risultato di una pressione selettiva positiva (che favorì la comparsa e diffusione delle varianti genetiche associate alla tolleranza) cui sono state sottoposte le popolazioni che poche migliaia di anni fa iniziarono ad allevare animali da latte. È quindi un interessante esempio di co-evoluzione tra gene e cultura, un processo in cui modificazioni culturali e genetiche vanno di pari passo e si influenzano a vicenda. Si tratta, inoltre, di una situazione di convergenza evolutiva, per cui in diverse popolazioni, anche molto lontane, agiscono gli stessi meccanismi evolutivi (in questo caso, la comparsa e diffusione di numerose varianti genetiche associate alla produzione di lattasi in età adulta), in risposta ad uno stimolo esterno (la necessità di digerire latte e derivati).

Itan e colleghi, nel 2009, individuarono anche l'origine geografica e temporale della variante 13910 T: il polimorfismo sarebbe comparso circa 7.500 anni fa nell'area balcanica, e da lì si sarebbe diffuso soprattutto in Nord Europa. Scoperte archeologiche dello stesso anno avevano inoltre avvalorato tale ipotesi: in un'area compresa tra Romania e Ungheria, infatti, erano stati rinvenuti dei frammenti di ceramica contenenti tracce di proteine del latte, confermando che tali popolazioni utilizzavano e lavoravano il latte animale.
Anche per alcune delle altre varianti mediorientali-africane è stato possibile individuare il momento di comparsa: 14010 C risale a circa 6.000-7.000 anni fa, mentre 13915 C è più recente (4.000 anni fa).


[5] Diffusione dell'allevamento e comparsa della tolleranza al lattosio


Conclusioni

Abbiamo visto, quindi, come la tolleranza al lattosio sia dovuta alla persistenza della lattasi in età adulta, condizione sviluppatasi solamente nell'uomo grazie alla diffusione di allevamento e agricoltura avvenuta a partire da 10.000 anni fa. 
Perciò, se dovessimo rispondere alla domanda del titolo "è venuta prima la tolleranza o l'intolleranza?", dovremmo rispondere con la seconda opzione. La diffusa (ma erronea) convinzione che essere intolleranti al lattosio sia una condizione 'patologica' o 'anomala' (almeno nelle popolazioni come quelle europee) deriva dalla percezione relativa che abbiamo di essa: se la maggior parte delle persone sono tolleranti al lattosio, allora dev'essere questa la condizione 'normale' o 'originale'.
È interessante, quindi, notare come i cambiamenti culturali possano avere una tale influenza, e come gli studi evoluzionistici possano far luce su vari aspetti di carattere storico, culturale e biologico.
Note:

1) I dati sulle percentuali di tolleranti e intolleranti derivano da test fisiologici condotti in diverse aree del mondo. 
2) Rachitismo: <<disturbo dello sviluppo generale e scheletrico in particolare, interessante il processo di ossificazione e il ricambio minerale, durante il rapido accrescimento proprio dei primi anni di vita, in seguito a cause patogene varie.>> Una delle cause è proprio la mancanza di vitamina D, spesso associata alla bassa radiazione solare. Per questo, la malattia è più diffusa alle alte latitudini.
Osteomalacia: <<affezione scheletrica caratterizzata da rammollimento delle ossa con produzione di deformità, in seguito a perdita di sali di calcio dovuta a gravidanza, carenze alimentari e vitaminiche, rachitismo o altre cause.>>. Da Treccani.it

Approfondimenti e riferimenti:
- Curry, A.: The Milk Revolution. Nature (2013)
- Itan, Y. et al.: The Origins of Lactase Persistence in Europe. PLoS Computational Biology (2009)
- Pikaia parla dei due articoli di Curry e Itan
- Enattah, N.S. et al: Identification of a variant associated with adult-type hupolactasia. Nature Genetics (2002)

- De Fanti, S.: Evolutionary Genetics of Lactase Persistence in Eurasian Human Populations. Tesi di Dottorato (2014)

Riferimenti immagini: [1], [2], [3], [4], [5]

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